Sito dedicato alla storia e alla cultura del kayak tradizionale. WWW.PNKAYAK.COM email: pnkayak@libero.it
mercoledì 29 dicembre 2010
Un viaggio che dovevo fare
La storia come costruttore appassionato di canoe kayak risale al lontano 1974,dopo aver provato, tutte la tecniche costruttive,dal composito,al legno ecc, ho voluto sperimentare anche la tecnica dello skin on frame ,sicuramente, alla portata di molti,per semplicità e velocità costruttiva,dove peraltro non occorrono attrezzature particolari, dove non vengono usate resine ,prodotti tossici solventi,colle ecc,. se non del legno di conifera,tela di canvas e spago.
Più volte mi sono posto il problema di come siano riusciti sia gli Inuit,gli Aleuti i popoli artici che sub artici, a costruire le loro splendide ed efficienti imbarcazioni attingendo il materiale solo da quello che offriva la natura,e si, perché stranamente,perlomeno in Italia io ho avuto ed ho dei problemi nel reperire questi tre materiali, legno di conifera esente da nodi,tela di canvas naturale, e vernice all’olio,
Così ad inizio dicembre ho deciso : per risolvere definitivamente il problema della tela ho messo in moto il mio fedele camper e sono andata in Alsazia per acquistare un rotolo da 100m, di tessuto,Alla fine ne è uscita anche una bella mini vacanza, avrei voluto visitare il centro storico di Strasburgo,a detta di molti suggestivo ,ma purtroppo le brutte condizioni meteo,neve ,neve,e ancora neve,me lo hanno impedito,ma non quello di visitare il castello di Haut-Koenigsbourg che è uno dei monumenti più visitati dell’intera Francia il castello fu costruito nel XII secolo questa celebre fortezza medioevale è arroccata a 800 metri di altezza e domina tutta la piana dell’Alsazia offrendo una vista insuperabile sui Vosgi, il Reno, la Foresta Nera e anche sulle Alpi.
Insomma dopo duemila chilometri percorsi sono arrivato a Roma stanco ma soddisfatto,per questo viaggio,apparentemente specifico,ma denso di emozioni inaspettate,per quello che ho visto durante il viaggio ,ma che non avevo programmato di vedere che rispetta in sintesi la filosofia del camperista ovvero la vacanza è il viaggio e non l’arrivo a destinazione.
mercoledì 15 dicembre 2010
BAIDARKA amore a prima vista
Ho deciso:dopo aver costruito svariati baidarka è arrivato il momento del two Hole ,era da tempo che mi frullava in testa questa idea ,e se non l’ho fatto fin ora è stato semplicemente per le sue dimensioni considerevoli,ma ormai ho deciso,anzi nel futuro in cantiere ci sarà anche la costruzione del three-hole.
Amo in maniera viscerale questa barca,sia per le sue qualità marine veramente straordinarie,sia e soprattutto,per l’aspetto antropologico, e a breve in vari scritti sul blog parlerò per l’appunto dei baidarka e del popolo degli Aleuti.
L’interesse per questa barca è scaturito guardando un documentario in Tv, il filmato mostrava una battuta di pesca in notturna,nelle acque dello stretto di Bering tratto di mare ricchissimo di pesce , soprattutto di crostacei, ,dove però anche il rischio per i pescatori è elevatissimo,per via delle avverse condizioni climatiche.
Le scene del filmato erano terrificanti,i pescherecci oceanici,sembravano,fili di paglia ingovernabili in balia del mare,onde gigantesche,si schiantavano,coprendo completamente i ponti delle barche,i pescatori ,tutti erano assicurati,con delle cime,per non essere travolti dalle onde .e dal vento che soffiava in maniera forte ed incessante ,mentre scorrevano le immagini del filmato,il commentatore,ha accennato di un antico popolo Gli Aleuti che a bordo di rudimentali imbarcazioni chiamate Iquayak ed in seguito Baidarka,cacciavano e si procacciavano il cibo,in questo tratto di mare così nefasto.
Da li è partita una mia ricerca sulla letteratura esistente su questo tipo di imbarcazione,con interesse sia tecnico-costruttivo che antropologico, fino ad arrivare alla costruzione del baidarka. Inizialmente in legno e successivamente in skin on frame,
cercando di mantenere quanto più possibile il metodo filologico originario.
etnologi ed antropologi quali Smith,F. De Laguna,birket,Robert Lamblin ed altri hanno raccolto una notevole quantità di dati, ricostruendo la storia di questo antico popolo e delle loro barche. Ma sicuramente il merito di aver portato il baidarka a nuova vita, lo dobbiamo a Gorge Dyson che nel 1970 a saputo polarizzare questo kayak e la sua storia. Scrivendo uno splendido libro e iniziando nuovamente a costruire il baidarka che era scomparso da ormai due generazioni anche nella cultura aleuta, non essendo più un popolo di cacciatori.
Un grazie va anche Zimmerly un antropologo che ha dato molto sulla conoscenza dei kayak della zona artica compreso il baidarka e costruttori come Brink ,Corey ed altri,che con le loro scuole hanno dato inizio a costruzioni amatoriali da parte di migliaia di appassionati.
giovedì 4 novembre 2010
Paddling Norway 2011
Volevo segnalare agli appassionati di skin on frame
,la spedizione che sta organizzando Anders Thygesen,un costruttore norvegese di sof,
L’impresa sarà quella di percorrere i 3000 km. della costa norvegese a bordo di imbarcazioni baidarka,costruiti con il metodo tradizionale ,
,Penso,questa sia la prima spedizione,così impegnativa e lunga, a bordo di baidarka skin on frame,
Nel suo blog http://kajakkspesialisten.blogspot.com/ si potranno seguire tutte le fasi della spedizione,dall’idea del progetto,alla costruzione delle barche,al materiale da portare,alle condizioni d’assetto dell’imbarcazione a pieno carico ,dall’allenamento e dal tipo di abbigliamento da usare,insomma tutto per essere pronti a settembre 2011 per la partenza,
venerdì 22 ottobre 2010
Felice di essere un motociclista
Una volta, qualche anno fa, il papà di uno di noi
che ora non c'è più, il papà di un Angelo
con il n° 24 sul cupolino e nel cuore ci ha definiti così:
"... Mi aveva tanto parlato di voi,
ma a dire il vero non lo avevo mai ascoltato
più di tanto, ma essendo un gran "capoccione"
me li ha voluti far conoscere uno ad uno,
questi ragazzi da abbracciare e baciare come figli
propri, immersi in quelle loro tute di pelle,
con i loro caschi sgargianti, tutti veri DURI!
Gente che su strada non abbassa mai lo sguardo.
Ma provate ad alzare loro quelle visiere scure
da marziani e troverete occhi splendidi,
puliti, gonfi di quelle lacrime vere
in cui puoi annegare ed arrivare fino in fondo
alla loro anima per vedere com'è candida.
Provate poi a togliergli quelle tute
e troverete al loro interno dei bambinoni
innamorati della vita, del week-end
a bistecche e salsicce, ma ancora tanto bisognosi
di un padre o di una madre che li prenda
per mano quando la sorte inizia a giocare duro".
Si dice che
ogni volta che saliamo in sella ai nostri destrieri
insieme a noi salgano pure Angeli e Diavoli.
E' vero! Rappresentano quel dualismo
che rende questo modo di vivere così
denso di emozioni che a volte il cuore pare
voler saltar via dal petto e mettersi a correre,ad urlare.
Diavoli che girano quel polso
in maniera a volte così irrazionale e violenta
che lo schizzo di adrenalina ti arriva
dritto al cervello senza passare dal via,
lasciandoti i tremori per lunghissimi interminabili minuti,
e angeli che portano il volto e la voce
di chi non è più con noi, dei nostri affetti,
delle nostre paure ed esperienze
costruite sulle nostre ossa rotte.
Si, è vero, in moto si muore, capita...
può capitare ad ognuno di noi e ci si fa male,
tanto male, ma quanta vita si trasforma
in ricordi bellissimi, in attimi eterni,
in risate così fragorose da far tornare il sole
anche in un fredda e piovosa giornata di novembre?
Parlate con ognuno di noi
e fatevi raccontare un giro, un aneddoto,
una curva e perdetevi in quello sguardo
che comincia a scintillare, nelle risate,
nel sorriso che, spontaneo,
stira gli angoli del viso e distende la fronte.. .
Parlate con ognuno di noi
e chiedetegli cosa sarebbe di lui
se un giorno dovesse rinunciare a questa passione
e preparatevi a sentire l'urlo del silenzio,
a vedere quello sguardo di bimbo
diventare lo sguardo di un marinaio
costretto a vivere a terra con il mare in vista
o di un pilota che guarda il cielo ancorato a terra.. .
In moto si muore, è vero.......
ma non esiste modo migliore per vivere il tempo che ci è concesso
E se ancora non lo avete capito
beh!, lasciate perdere, non lo capirete mai.
Ma se un domani, andando al mare con la vostra famiglia
automobilisticamente corretta,
dovesse sopraggiungere uno di Noi
e vedeste vostro figlio girarsi di scatto e salutare
sbracciando come un pazzo, rinunciate a capire anche lui.. .
Lui che nella sua incoscienza vede in Noi quella scintilla
che voi non siete stati capaci di scorgere.
E se vedrete il motociclista ricambiare il saluto
beh, non c'è nulla di strano sapete?
Tra Angeli in terra ci si saluta sempre.
Ma questo, chi ha perso le ali, non lo ricorda....... Motociclisti...... strana, meravigliosa gente!
domenica 10 ottobre 2010
Resoconto Simposio Vulcanoa 2010
sabato 25 settembre 2010
Un greenland storico a Vulcanoa
Alla fine ho deciso :
porto al simposio di Vulcanoa la replica del greenland kayak 1935 che si trova al museo di Ottawa ,un kayak storicamente molto importante
Lo volevo rivestire con il nylon balistico ,ma aspetta che arrivi ,ieri mattina all’alba mi sono detto quasi quasi ci provo lo rivesto con il canvas sperando che sia pronto per martedì 28 settembre, non ho potuto contare su Federico che si trova in Toscana.
Sono partito come un razzo ,lavorando fino a mezzanotte.
Questa mattina ero un cencio,distrutto,ma il kayak completamente cucito, ma nell’impossibilità di usare le mani, oggi,per completare le ultime finiture e la chiusura del pozzetto
ho chiesto aiuto; questa mattina di buona leva e arrivato Giorgio Perrotta che si è sobbarcato ,il lavoro rimanente, mostrando doti notevoli con ago è filo, ma soprattutto,un crescente interesse verso questo tipo di imbarcazioni,un grazie di cuore.
Nel pomeriggio è iniziata la fase di verniciatura, e se il tempo tiene riuscirò a dare tre mani di vernice,fino a martedì ,sufficienti per mettere in acqua e testare la barca nello splendido scenario delle isole Eolie.
giovedì 2 settembre 2010
PN Kayak al raduno da Genova Rapallo e ritorno
Quando negli anni ottanta si andava a Le Castellet, al circuito di Paul Ricard per la gara di endurance moto Bol d’or, Recco era la nostra tappa obbligata ,perché si preparavano allora, come penso oggi le migliori focacce al formaggio dell’intero distretto ligure .
Riempivamo le bisacce di focacce sulle moto che alla sera, arrivati all’autodromo, dopo aver montato le tende ,condividevamo con i motard francesi.
Per l’occasione del 75° anniversario del parco di Portofino, il gruppo Canoa verde di Genova, la settimana scorsa ha organizzato il primo raduno nazionale di kayak da Genova a Rapallo e ritorno.
L’organizzazione ha proposto alla Pnkayak di creare una giornata evento sulle tematiche del kayak tradizionale, dando la possibilità di poter esporre le nostre imbarcazioni al castello di Genova Nervi,un posto magico ricco di storia e cultura dove sono stati affrontati temi riguardanti sia gli aspetti tecnici che metodologici-costruttivi di queste antiche costruzioni destando curiosità e interesse da parte dei partecipanti .
Il raduno ha avuto un seguito di oltre novantasette partecipanti, cosa significativa considerando che è il primo, con la speranza che ci sia un secondo un terzo e cosi via.
Inoltre lo staff organizzativo ha previsto una serie di iniziative alternative sia ai kayakers che agli accompagnatori dando la possibilità ad ognuno di poter gioire di questo weekend .
Un caloroso ringraziamento va a Renato che ha saputo organizzare e gestire quest’evento cercando di non tralasciare niente al caso, un grazie al presidente Giovanni Chiola che ci ha permesso di usufruire delle docce nel loro circolo, a Luisella Valeri sempre infaticabile e disponibile, a Massimo che ci ha onorato provando un nostro scafo e a tutti gli altri di cui non ricordo il nome .
Al prossimo anno.
PN Kayak
giovedì 19 agosto 2010
La prima Greenland Paddle in carbonio vacuum infusion costruita in Italia
mercoledì 28 luglio 2010
Test Greenland-Racing Paddle 2010 di Alberto Ruggieri
Ho avuto recentemente l’occasione di testare la greenland racing paddle 2010 disegnata da Giorgio Perrotta e realizzata da PN kayak
E’ stato subito un piacere vedere come mantenendo una basso ritmo di pagaiate riuscissi a stare affiancato e a chiacchierare con Giorgio che, con la mia pagaia, era costretto ad un numero assai maggiore di colpi. In sostanza andavamo più spediti di quanto mi rendessi conto senza particolare sforzo.
La sensazione che si ha è di maneggiare una pagaia piuttosto corta, (il modo come entra in acqua e la passata danno questa impressione), è stata quindi una sorpresa scoprire che in realtà misura ben 2,52 metri. Evidentemente il particolare disegno della pala nella sua parte centrale e verso il manico (ovalizzata in senso contrario rispetto ad una pagaia groenlandese classica) rendono assai scorrevole il passaggio in acqua. In sostanza la passata in acqua risulta meno dura e più agile rispetto una pagaia di eguale lunghezza.
La sensazione iniziale di una pagaia piuttosto robusta, e per pagaiatori allenati, si stempera presto nel verificare che si riesce a tenere una bella velocità di crociera senza sforzi eccessivi.
Spingendo di più - gps alla mano - ci si accorge che si può lanciare il kayak ad una velocità maggiore di quella a cui siamo normalmente abituati. Certo per reggere questo ritmo ci vuole allenamento. Insomma, se si hanno velleità di competizione, questa pagaia risulta probabilmente un ottimo compromesso tra la pagaia groenlandese e una pagaia da competizione moderna.
Con il mare di poppa la lunghezza della pagaia si fa apprezzare ancora una volta per la rapidità con cui ci porta a cogliere l’onda per raggiungere la velocità di serfata. In sostanza anche quando il mare ci spinge la pagaia ha una leva sufficiente a trovare un solido punto di spinta in acqua e a farci accelerare ulteriormente. Stesso discorso vale nelle correzioni di rotta per la grande efficacia della pagaiate circolari nel corso della propulsione.
Per quanto riguarda gli appoggi la pagaia se la cava egregiamente per tutte quelle manovre di rapido recupero dell’equilibrio (appoggi alti e bassi). Soffre un po’, invece, negli appoggi alti e bassi continui e negli appoggi estremi. In questo caso il disegno del manico e della parte centrale della pala non aiutano. La pala tende ad immergersi più di una groenlandese classica. Nessun problema per l’eskimo a pala lunga (assai lunga!). Maggiore attenzione e precisione sono necessarie per l’eskimo a pala corta.
Consiglierei questa pagaia a pagaiatori allenati o robusti che prediligono una pagaiata lenta e potente, che amino sprintare a velocità sopra la media a loro abituale.
Alberto Ruggieri
martedì 27 luglio 2010
Greenland-Racing Paddle
L’abitudine ed il piacere di utilizzare una pagaia tradizionale groenlandese potrebbe farci dimenticare che questo “attrezzo” funziona perché risponde a principi meccanici e fisici esattamente come le pagaie moderne! Quindi, come con le pagaie moderne, possiamo avere risultati molto diversi variando la forma ed il materiale.
Sappiamo tutti che fra le pagaie moderne, la resa di una pagaia comprata al supermercato a 30 euro non è la stessa di una pagaia in carbonio a cucchiaio utilizzata nelle competizioni. Atleti esperti trovano differenze anche fra le diverse marche di pagaie a cucchiaio, per non parlare delle misure dell’ampiezza e del ricciolo del cucchiaio stesso. In sostanza l’atleta esperto si sceglie la pagaia in base alla sua preparazione, al tipo di competizione, al tipo di scafo e io aggiungerei, al tipo “mare”, visto che parliamo di kayak da mare.
Tornando alle pagaie tradizionali, posso dire con certezza che non abbiamo quasi mai avuto la possibilità di scelta in base alla loro resa ed efficacia effettiva. La loro costruzione artigianale ed il fatto che con gli abbinamenti del legno si ottengono bellissimi oggetti “artistici” ci ha spesso distratto! La pagaia groenlandese è pur sempre una “pagaia”, che può essere funzionale o non, con l’unica differenza rispetto a quelle moderne che, efficace o non efficace …costa sempre tanto!!
La fortuna che ho avuto di provare molte pagaie di costruzione filologica, “ricostruite”, sia per il normale utilizzo, sia solo per studio da Piero Nichilo (PN KAYAK), mi ha consentito nel tempo di poter abbinare forme diverse a comportamenti diversi, evidentemente i loro fruitori, Inuit ed Aleuti ricercavano in base alle loro esigenze, caratteristiche e rese differenti. Una cosa in particolare ha attratto la mia attenzione, alcune pagaie, sono più veloci di altre, oppure alcune possiedono un maggiore appoggio ed altro ancora, ma cosa più importante, che certe caratteristiche, sono antagoniste! Quindi vanno “ricercate” e cosa più importante “dosate” per creare il giusto equilibrio.
A questo punto, carta e penna alla mano mi sono messo a calcolare la cosa, perche tutto ha una rispondenza matematica! Rispolverando quelle poche conoscenze di fluidodinamica e più in particolare di aerodinamica (per via del mio lavoro), ho per così dire “capito”, almeno in parte, cosa praticamente, i nostri predecessori applicavano quando costruivano un determinato tipo di pagaia piuttosto che un altro. Concetti che con Piero ci siamo spesso scambiati e preso “forma”. Idem quando gli ho proposto la costruzione di una pagaia specifica per competere, o per lo meno, recuperare quel gap d’efficienza di cui soffrono le pagaie groenlandesi se usate al massimo della spinta cioè in gara.
Questa nuova pagaia da disegno è diventata realtà, Piero Nichilo ha dato forma all’idea ed il prototipo è stato già utilizzato e testato! Tolto un lieve difettuccio, la pagaia è troppo rigida (ma verranno cambiati gli abbinamenti dei legni per recuperare elasticità), strumenti alla mano, si recuperano con un vecchio kayak da mare da quasi trenta chili, circa 0,4-0,6 Km/h con un 20-30 % di frequenza colpi in meno. Ovviamente, per spingerla al suo limite la preparazione atletica ritengo sia importante (qui io sono un po’ scarsuccio!!), come è importante abbinarla ad un kayak veloce, … tutto ciò esattamente come con la pagaia a cucchiaio!
Giorgio Perrotta
giovedì 15 luglio 2010
Lago di Bracciano -Roma- Varo Baidarka, skin on frame boat
venerdì 2 luglio 2010
West Greenland kayak, Canadian Museum of Civilization di Ottawa
L'idea di perseguire repliche di kayak storici per chi è appassionato di questa tipologia di scafi è stimolante,perchè ogni kayak rispecchia le caratteristiche geomorfologiche del singolo territorio marino.
Singolo potrebbe sembrare strano,però l'artico ha una grande varietà ambientale,per cui la necessità di costruire un mezzo di navigazione specifico .
Lo scopo comune era la caccia,anche se questa variava,secondo il tipo e le tecniche che venivano usate.
Un'altro motivo che mi ha spinto alla costruzione dei skin on frame: è l'unicità di questi mezzi ,ogni kayak tradizionale,si adatta perfettamente alla morfologia del suo utilizzatore è l'unico, perchè la sua costruzione parte seguendo quelle che sono le misure antropometriche di chi poi ne farà uso.
Tutto ciò detto ,mi ha portato a realizzare diversi kayak storici ,dandomi la possibilità di confrontare le loro caratteristiche plurivalenti .
Il kayak in questione è un West Greenland kayak, e si trova al Canadian Museum of Civilization di Ottawa
catalog no.IV-A 483
L'elemento più interessante di questo kayak, è la linea della sua chiglia:una ESSE dove la parte di massima chiusura si trova a tre quarti lato poppa dietro il pozzetto, con solo 9 cm. fuori tutto,per poi risalire e creare uno skeg naturale.
La max. larghezza dello scafo ,che è di 49,8cm. non si trova al centro pozzetto,ma spostato
lato prua di circa 20cm. prima dello stesso.
Un'altra diversità di questo scafo che non rispecchia la tipicità dei west greenland sia est che west,è il multi-chined,che è invece tipico dei kayak dell''Alaska e della Siberia,come il baidarka ,l'Hooper Bay,il King Island ecc.
Un'anomalia di questo kayak è che per la costruzione(tranne che per le traverse) furono usati chiodi in metallo al posto delle classiche legature in tendine di foca.
Questo reperto storico fu trovato e poi aquistato nel 1933 da Charles A.Linbergh a Sisimiut, quando compì la prima traversata aerea sull'oceano Atlantico in solitario a bordo del suo monoplano.
Attualmente secondo lo schedario del museo civile canadese,dove per l'appunto si trova il kayak risulta collezzionato da Dr. Max Dubar.
Il kayak risulta essere costruito con molta cura ricco di dettagli,sul ponte anteriore e posteriore,ci sono accessori eseguiti e lavorati con molta maestria,forme primitive che rappresentano credenze tribali,in avorio,così come il contenitore del puntale dell'arpione,forgiato da una sezione della zanna del tricheco.
Anche la pagaia di questo kayak ,che ho già costruito, e che si trova nello stesso museo ha una linea particolare, si discosta come forma e lunghezza, rispetto alla tipicità della zona di Sisimiut.
Un grazie doveroso va ad Harvey Golden che ha prodotto una ricerca sui kayak della Groenlandia censendo più di centodieci imbarcazioni suddivisi in periodi storici che vanno dal 1600 al 2000.
Una bibbia nel mondo del kayak tradizionale che ha permesso a molti costruttori o appassionati di approfondire le ricerche,sia costruttive che antropologiche.