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mercoledì 28 luglio 2010
Test Greenland-Racing Paddle 2010 di Alberto Ruggieri
Ho avuto recentemente l’occasione di testare la greenland racing paddle 2010 disegnata da Giorgio Perrotta e realizzata da PN kayak
E’ stato subito un piacere vedere come mantenendo una basso ritmo di pagaiate riuscissi a stare affiancato e a chiacchierare con Giorgio che, con la mia pagaia, era costretto ad un numero assai maggiore di colpi. In sostanza andavamo più spediti di quanto mi rendessi conto senza particolare sforzo.
La sensazione che si ha è di maneggiare una pagaia piuttosto corta, (il modo come entra in acqua e la passata danno questa impressione), è stata quindi una sorpresa scoprire che in realtà misura ben 2,52 metri. Evidentemente il particolare disegno della pala nella sua parte centrale e verso il manico (ovalizzata in senso contrario rispetto ad una pagaia groenlandese classica) rendono assai scorrevole il passaggio in acqua. In sostanza la passata in acqua risulta meno dura e più agile rispetto una pagaia di eguale lunghezza.
La sensazione iniziale di una pagaia piuttosto robusta, e per pagaiatori allenati, si stempera presto nel verificare che si riesce a tenere una bella velocità di crociera senza sforzi eccessivi.
Spingendo di più - gps alla mano - ci si accorge che si può lanciare il kayak ad una velocità maggiore di quella a cui siamo normalmente abituati. Certo per reggere questo ritmo ci vuole allenamento. Insomma, se si hanno velleità di competizione, questa pagaia risulta probabilmente un ottimo compromesso tra la pagaia groenlandese e una pagaia da competizione moderna.
Con il mare di poppa la lunghezza della pagaia si fa apprezzare ancora una volta per la rapidità con cui ci porta a cogliere l’onda per raggiungere la velocità di serfata. In sostanza anche quando il mare ci spinge la pagaia ha una leva sufficiente a trovare un solido punto di spinta in acqua e a farci accelerare ulteriormente. Stesso discorso vale nelle correzioni di rotta per la grande efficacia della pagaiate circolari nel corso della propulsione.
Per quanto riguarda gli appoggi la pagaia se la cava egregiamente per tutte quelle manovre di rapido recupero dell’equilibrio (appoggi alti e bassi). Soffre un po’, invece, negli appoggi alti e bassi continui e negli appoggi estremi. In questo caso il disegno del manico e della parte centrale della pala non aiutano. La pala tende ad immergersi più di una groenlandese classica. Nessun problema per l’eskimo a pala lunga (assai lunga!). Maggiore attenzione e precisione sono necessarie per l’eskimo a pala corta.
Consiglierei questa pagaia a pagaiatori allenati o robusti che prediligono una pagaiata lenta e potente, che amino sprintare a velocità sopra la media a loro abituale.
Alberto Ruggieri
martedì 27 luglio 2010
Greenland-Racing Paddle
L’abitudine ed il piacere di utilizzare una pagaia tradizionale groenlandese potrebbe farci dimenticare che questo “attrezzo” funziona perché risponde a principi meccanici e fisici esattamente come le pagaie moderne! Quindi, come con le pagaie moderne, possiamo avere risultati molto diversi variando la forma ed il materiale.
Sappiamo tutti che fra le pagaie moderne, la resa di una pagaia comprata al supermercato a 30 euro non è la stessa di una pagaia in carbonio a cucchiaio utilizzata nelle competizioni. Atleti esperti trovano differenze anche fra le diverse marche di pagaie a cucchiaio, per non parlare delle misure dell’ampiezza e del ricciolo del cucchiaio stesso. In sostanza l’atleta esperto si sceglie la pagaia in base alla sua preparazione, al tipo di competizione, al tipo di scafo e io aggiungerei, al tipo “mare”, visto che parliamo di kayak da mare.
Tornando alle pagaie tradizionali, posso dire con certezza che non abbiamo quasi mai avuto la possibilità di scelta in base alla loro resa ed efficacia effettiva. La loro costruzione artigianale ed il fatto che con gli abbinamenti del legno si ottengono bellissimi oggetti “artistici” ci ha spesso distratto! La pagaia groenlandese è pur sempre una “pagaia”, che può essere funzionale o non, con l’unica differenza rispetto a quelle moderne che, efficace o non efficace …costa sempre tanto!!
La fortuna che ho avuto di provare molte pagaie di costruzione filologica, “ricostruite”, sia per il normale utilizzo, sia solo per studio da Piero Nichilo (PN KAYAK), mi ha consentito nel tempo di poter abbinare forme diverse a comportamenti diversi, evidentemente i loro fruitori, Inuit ed Aleuti ricercavano in base alle loro esigenze, caratteristiche e rese differenti. Una cosa in particolare ha attratto la mia attenzione, alcune pagaie, sono più veloci di altre, oppure alcune possiedono un maggiore appoggio ed altro ancora, ma cosa più importante, che certe caratteristiche, sono antagoniste! Quindi vanno “ricercate” e cosa più importante “dosate” per creare il giusto equilibrio.
A questo punto, carta e penna alla mano mi sono messo a calcolare la cosa, perche tutto ha una rispondenza matematica! Rispolverando quelle poche conoscenze di fluidodinamica e più in particolare di aerodinamica (per via del mio lavoro), ho per così dire “capito”, almeno in parte, cosa praticamente, i nostri predecessori applicavano quando costruivano un determinato tipo di pagaia piuttosto che un altro. Concetti che con Piero ci siamo spesso scambiati e preso “forma”. Idem quando gli ho proposto la costruzione di una pagaia specifica per competere, o per lo meno, recuperare quel gap d’efficienza di cui soffrono le pagaie groenlandesi se usate al massimo della spinta cioè in gara.
Questa nuova pagaia da disegno è diventata realtà, Piero Nichilo ha dato forma all’idea ed il prototipo è stato già utilizzato e testato! Tolto un lieve difettuccio, la pagaia è troppo rigida (ma verranno cambiati gli abbinamenti dei legni per recuperare elasticità), strumenti alla mano, si recuperano con un vecchio kayak da mare da quasi trenta chili, circa 0,4-0,6 Km/h con un 20-30 % di frequenza colpi in meno. Ovviamente, per spingerla al suo limite la preparazione atletica ritengo sia importante (qui io sono un po’ scarsuccio!!), come è importante abbinarla ad un kayak veloce, … tutto ciò esattamente come con la pagaia a cucchiaio!
Giorgio Perrotta
giovedì 15 luglio 2010
Lago di Bracciano -Roma- Varo Baidarka, skin on frame boat
venerdì 2 luglio 2010
West Greenland kayak, Canadian Museum of Civilization di Ottawa
L'idea di perseguire repliche di kayak storici per chi è appassionato di questa tipologia di scafi è stimolante,perchè ogni kayak rispecchia le caratteristiche geomorfologiche del singolo territorio marino.
Singolo potrebbe sembrare strano,però l'artico ha una grande varietà ambientale,per cui la necessità di costruire un mezzo di navigazione specifico .
Lo scopo comune era la caccia,anche se questa variava,secondo il tipo e le tecniche che venivano usate.
Un'altro motivo che mi ha spinto alla costruzione dei skin on frame: è l'unicità di questi mezzi ,ogni kayak tradizionale,si adatta perfettamente alla morfologia del suo utilizzatore è l'unico, perchè la sua costruzione parte seguendo quelle che sono le misure antropometriche di chi poi ne farà uso.
Tutto ciò detto ,mi ha portato a realizzare diversi kayak storici ,dandomi la possibilità di confrontare le loro caratteristiche plurivalenti .
Il kayak in questione è un West Greenland kayak, e si trova al Canadian Museum of Civilization di Ottawa
catalog no.IV-A 483
L'elemento più interessante di questo kayak, è la linea della sua chiglia:una ESSE dove la parte di massima chiusura si trova a tre quarti lato poppa dietro il pozzetto, con solo 9 cm. fuori tutto,per poi risalire e creare uno skeg naturale.
La max. larghezza dello scafo ,che è di 49,8cm. non si trova al centro pozzetto,ma spostato
lato prua di circa 20cm. prima dello stesso.
Un'altra diversità di questo scafo che non rispecchia la tipicità dei west greenland sia est che west,è il multi-chined,che è invece tipico dei kayak dell''Alaska e della Siberia,come il baidarka ,l'Hooper Bay,il King Island ecc.
Un'anomalia di questo kayak è che per la costruzione(tranne che per le traverse) furono usati chiodi in metallo al posto delle classiche legature in tendine di foca.
Questo reperto storico fu trovato e poi aquistato nel 1933 da Charles A.Linbergh a Sisimiut, quando compì la prima traversata aerea sull'oceano Atlantico in solitario a bordo del suo monoplano.
Attualmente secondo lo schedario del museo civile canadese,dove per l'appunto si trova il kayak risulta collezzionato da Dr. Max Dubar.
Il kayak risulta essere costruito con molta cura ricco di dettagli,sul ponte anteriore e posteriore,ci sono accessori eseguiti e lavorati con molta maestria,forme primitive che rappresentano credenze tribali,in avorio,così come il contenitore del puntale dell'arpione,forgiato da una sezione della zanna del tricheco.
Anche la pagaia di questo kayak ,che ho già costruito, e che si trova nello stesso museo ha una linea particolare, si discosta come forma e lunghezza, rispetto alla tipicità della zona di Sisimiut.
Un grazie doveroso va ad Harvey Golden che ha prodotto una ricerca sui kayak della Groenlandia censendo più di centodieci imbarcazioni suddivisi in periodi storici che vanno dal 1600 al 2000.
Una bibbia nel mondo del kayak tradizionale che ha permesso a molti costruttori o appassionati di approfondire le ricerche,sia costruttive che antropologiche.