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martedì 1 novembre 2011
Riflessioni sul Kayak tradizionale
Quando sei anni fa ho deciso di costruire il mio primo kayak tradizionale non
avrei mai potuto immaginare ,che nel futuro ci sarebbe stato un interesse così
profondo,verso questo tipo di costruzione.
Dopo aver costruito scafi, in legno, in composito ecc. la scelta del kayak
tradizionale è stata consequenziale, perché tutti i kayak marini odierni
risalgono a questo antico progetto , ma soprattutto perché volevo misurarmi con
le capacità di questo popolo, di cui poche cose sapevo, che sfruttando solo
esperienze empiriche, con mezzi e materiali tirati fuori da un ambiente arido,
privo di ricchezze naturali, con un clima rigido, siano riusciti a concepire,
ed ha realizzare nel corso dei millenni delle imbarcazioni che sono arrivate
alla perfezione assoluta, delle vere opere d’arte.
Realizzare un’imbarcazione tradizionale,costituita da quattro pezzi di legno
e rivestita con un telo di cotone, con i mezzi e le possibilità che offre il
nostro mondo occidentale, è stato un grosso stimolo a questo progetto,che mi ha
portato comunque a fare un percorso molto più complesso di quello che m’
aspettavo.
E’ stato qualche cosa in più di una semplice conoscenza tecnica e di
costruzione, in realtà l’aspetto antropologico è la cosa che più mi ha
coinvolto, e grazie ad autori come: Birket-Smith, F.De Laguna, R.Lamblin,
Zimmerly ho avuto la possibilità di conoscere un popolo, dotato di una
formidabile abilità artigianale, ed un mondo dove “la terra, l’uomo, e il mare,
sono intimamente legati”,e dove il kayak ha rappresentato una delle risposte
più concrete,non solo come simbolo della loro cultura,ma un mezzo dalle
caratteristiche marine estremamente sofisticate tali da da mettere in crisi
anche le civiltà tecnologicamente più avanzate del tempo.
.
Per millenni quest’imbarcazione sono state costruite con regole orali e non
con dei piani costruttivi, dove le dimensioni del kayak, , venivano
determinate, facendo riferimento, alle dimensioni del cacciatore, insomma il
kayak era un adattamento totale alla morfologia del suo fruitore, ed era unico
proprio perché la sua forma partiva dal corpo dello stesso.
Il contatto con quest’universo cosi particolare, diverso dal nostro, crea
qualche cosa di magico,che parte dalla ricerca storica che s’instaura in tutte
le fasi costruttive del kayak, con un effetto contagioso.
Innanzitutto, perché ci costringe, in qualche maniera a lasciare, il mondo
moderno, altamente tecnologico e profondamente consumistico, dove tutto scorre
ad una velocità frenetica, per entrare in quello arcaico degli Inuit, dove
regna l’essenza spirituale con le sue leggi d’osservazione, contemplazione e
pazienza, dove si richiede un’ affinità spartana, in quanto il kayak
tradizionale è un mezzo di navigazione privo di comodità e spoglio dei vari
accessori, tanto amati da noi occidentali, ma anche un mezzo utilizzato per
secoli da popoli e culture del passato, utilizzato certamente non per scopi
ludici.
Se la tecnica costruttiva utilizzata è perfettamente filologica con quella
storica, antica, tradizionale si crea un rapporto speciale con il suo kayaker,
grazie alla sua unicità, perché sarà costruito come un pezzo unico, per ed
intorno al nostro corpo ed ogni esemplare, non sarà mai uguale, perché non
uscirà da nessuno stampo, cantiere o negozio, ma sarà il puro risultato, lo
specchio di quello che abbiamo saputo interpretare, trasmettere o realizzare.
Un rapporto speciale perché ci porta, ad immergersi nel silenzio totale, a tu
per tu con la nostra barca da realizzare, tra mille incognite, entrando in
simbiosi con lo stesso spirito ancestrale degli Inuit,basato sulla
contemplazione ed osservazione.
Un rapporto speciale, in qualche maniera poetica anche per tipo di materiale
che usiamo; respirare l’odore del legno, toccare la fibra densa del cotone
organico, sentire il suono degli strumenti di lavoro, respirare il profumo dell’
olio di lino, sono sensazioni,manualità , emozioni che non riusciamo più ad
apprezzare, ma che comunque ci riportano al nostro passato di vita vissuta,
specialmente per le persone non più giovanissime come nel mio caso.
Un rapporto speciale, perché non termina con la fine della costruzione, ma
continuerà a rivivere ad ogni contatto, ad ogni uscita nel mare,come nel lago,
in quanto sarà sempre l’incontro con il nostro oggetto ,quello che abbiamo
visto crescere e prendere forma sotto le nostre mani ,fino a diventare un
legame,quasi intimo in quanto non esistono i segreti nella sua struttura di cui
conosciamo bene ogni piccolo segreto..
Chi si è avventurato,nella conoscenza o nella costruzione di un kayak
tradizionale,capirà bene ciò che ho cercato di esprimere.
Il kayak per un Inuit,era un mezzo usato essenzialmente per la caccia veniva
costruito su specifiche dettate dal territorio marino e dal tipo di preda per
cui veniva utilizzato,per noi sarà un mezzo ludico, potremmo scegliere, quello
a basso volume,se vogliamo esibire le nostre capacità di appoggi ,eskimo o
recuperi,quello con più volume, se decidiamo di fare navigazione,ad ognuno il
proprio kayak,senza pretendere,di raggiungere la capacità di stare nel kayak
come un Inuit,o Aleutino .
Non dobbiamo dimenticare che un eschimese è nato cresciuto e vissuto in totale
simbiosi con la sua imbarcazione.
Tant’è vero che “ un kayak non è altro che il prolungamento del proprio corpo”
questo secondo la cultura Inuit,ciò rende perfettamente l’idea di ciò che
presenta un kayak per un eschimese.
Quello che non potrà mai diventare per noi,quindi affidiamoci al buon senso,
nella scelta del nostro kayak,e nell’uso che vorremmo fare, senza cadere,nelle
emulazione o nei fanatismi,questo per godere al meglio il nostro giocattolo.
Piero Nichilo
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