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giovedì 3 ottobre 2013
Una Greenland paddle molto particolare
Era da un po’ di tempo che nella mia testa frullava l’idea di costruire una pagaia in legno in sandwich di carbonio .
IL modello costruito è una greenland paddle dove le dimensioni sono :
lunghezza totale cm 240 – larghezza massima della pala cm.85 - raggio curvatura estremità pala cm.5.5 –
Dimensione manico cm.3,6 X 3 – peso g. 876
Uno dei limiti della pagaia tradizionale rispetto ad una moderna , ( questo è stato spiegato ampiamente in post precedenti ) è che la pagaia tradizionale ha una tendenza alla cavitazione maggiore, legata sia dalla sua forma che dalla sua lunghezza .
Cominciamo nel dire che quando la pala della pagaia entra in acqua si porta dentro una certa quantità d’aria, tanto maggiore quanto maggiore sarà lo spessore del bordo proporzionata alla sua lunghezza.
Una pagaia con uno spessore di bordo di pala maggiore incamera più aria e conseguentemente cavita maggiormente perdendo efficacia .
Parlando della forma invece quella a goccia risulta essere più efficace perché scarica ed oppone meno resistenza all’acqua rispetto alla romboidale.
Queste considerazioni chiaramente sono risultati di esperienze personali avvalorate da prove dinamiche fatte nel corso da ormai nove anni.
Con Giorgio Perrotta che collabora con me, ,valutando diverse pagaie ( con uso strumentale GPS )di forme diverse siamo arrivati alla conclusione che i migliori risultati in termini di passo ,velocità,minor impegno energetico,frequenza di passata sono stati ottenuti con pale di forma a goccia ma con i bordi pala estremamente rastremati a lama di coltello
Il problema è che una forma del genere porta comunque ad avere una struttura estremamente fragile bordi visto che parliamo di manufatto in legno.
Un metodo spesso usato per migliorare questo deficit è quello di accoppiare inserti di legno estremamente tenaci , o di teflon che girano tutt’intorno alla struttura perimetrale della pala.
L’idea di fare una pagaia in sandwich di carbonio è partita proprio dal fatto che mi sarei potuto spingere ed estremizzare al massimo in piena sicurezza nella sua forma.
Un motivo seppur secondario è che ho potuto scegliere un legno, in questo caso il cedro rosso del Canada estremamente leggero ma anche fragile ,che inserito in questa costruzione è divenuto assolutamente robusto seppur mantenendo la sua leggerezza .
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martedì 28 maggio 2013
Stage sul rivestimento ( Skin ) di un greenland kayak al Camp di Sottocosta
Dal 15 al 23 giugno, “Sottocosta” organizza il camp all’Argentario loc. Feniglia (Porto Ercole) Grosseto.
Quest’anno, tra le diverse attività che promuove l’associazione, ci sarà anche uno spazio dedicato al kayak tradizionale (skin on frame ).
Verrà creato un programma di lavoro il cui scopo sarà quello di rivestire un vecchio telaio (Frame) di una riproduzione storica di un West greenland kayak, di mia proprietà.
questo è il kayak a cui verrà sostituito il rivestimento ( Skin )
Il corso è completamente gratuito ed è riservato a un minimo di quattro persone il cui compito, insieme al sottoscritto, sarà quello di operare sul rivestimento (Skin) del kayak, tramite le tecniche di cucitura tradizionali.
Per avere un’idea dell’insieme verranno date informazioni sommarie di come si progetta un kayak tradizionale, dalla scelta del legname al metodo progettuale, fino ad arrivare alla fase finale, all’assemblaggio del telaio .
Lo scopo del corso è apprendere la tecnica operando direttamente sull’imbarcazione, cercando di portare il lavoro a compimento entro la fine del Camp, e, se possibile, anche provare a varare lo scafo.
La sua prima pelle
Per gli allievi ci sarà un impegno nell’ordine di due ore di lavoro giornaliere, per non intaccare la giornata vacanziera, o l’interesse per qualche altra attività promossa da Sottocosta.
Resta inteso ,per motivi logistici organizzativi e di materiale ,di chiedere conferma in tempo utile per l’adesione al corso.
Per contatti, ed ulteriori informazioni:
venerdì 1 marzo 2013
L'East Greenland Kayak al museo della Città della Scienza a Napoli
L'ambasciatore di Norvegia in visita al Museo della Città della Scienza
Questa mattina ho ricevuto i complimenti da parte dell’ambasciata di Norvegia .
L’east greenland kayak che ho portato al museo Città della Scienza a Napoli per l’evento di Nansen ha avuto riscontri più che favorevoli ,di questo non posso che esserne felice considerando che fino a sette anni fa quando ho deciso di costruire il mio primo kayak tradizionale non avrei mai potuto immaginare che nel futuro avrei potuto vivere una così bella soddisfazione.
La cosa strana è che questa imbarcazione è legata al mare ed io con il mare non ho mai avuto un buon feeling.
Non sono stato mai stato un frequentatore delle spiagge ne tantomeno dell’abbronzatura, noia infernale.
Nulla avevo in comune ne con il mare ,ne tantomeno con l’ambiente acquatico non c’era nessun presupposto affinché io potessi orientare i miei interessi in questa direzione.
Al contrario le mie passioni le curiosità,erano orientati verso ed attraverso la terra.
Appassionato motociclista ho sempre amato i movimento,il viaggio,la velocità vivere il paesaggio in continua trasformazione quello che non trovavo nel mare anzi che palle! Del resto cosa mai potevo vedere dalla spiaggia o da una barca? L’acqua ,il cielo, e pezzi di terra.
Nei miei occhi questa immagine era perdente rispetto alla dinamica bellezza della terra dove trovavi sempre un aspetto diverso da quello che lasciavo dietro le spalle, e poi il mare in un certo senso ti costringe a stare fermo sulla sponda ,a me piace attraversarla.
Sembra banale dirlo ma il kayak ha avuto un ruolo determinante forse in maniera indiretta ,ma l’ha avuto, perché tutto è partito dalla costruzione tutto il resto è stato consequenziale
Ho sempre avuto fin da bambino la voglia il piacere della manualità e della conoscenza da quando smontai per la prima volta all’età di quattro anni un orologio di mio padre affascinato dal movimento delle lancette.
Tagliare modificare plasmare la materia sono stati sempre i miei interessi .
Il kayak? per aver visto un documentario girato nello stretto di Bering , talmente impressionato,che da li è partito un mio viaggio cognitivo su questo tipo di imbarcazione ma non relegato solo all’aspetto costruttivo ma soprattutto a quello antropologico .
.Volevo ringraziare pubblicamente la dottoressa Tiziana Cicciotti del CNR di Roma curatrice insieme a Roberto Sparapani di questa opportunità datami.
Piero Nichilo
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